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Il professor Claudio Strinati presenta Marco Sciame

Lo storico dell’arte racconta la vita e le opere di Sciame in un viaggio tra luoghi e suggestioni, tra passato e presente ai limiti della natura e della creatività.

Marco Sciame

Di Claudio Strinati

Marco Sciame è uno pseudonimo.

È un personaggio creato da Paolo Cerasoli agli inizi della sua attività di grafico. Poi il nome del personaggio è diventato il nome dell’autore stesso e così da molto tempo Paolo Cerasoli si chiama Marco Sciame.

Marco Sciame è un supereroe e non c’è dubbio che l’idea di una personalità eccezionale che si staglia sulla quotidianità per diventare un modello inimitabile e insieme esemplare, è un’idea che piace al nostro autore.

Come creatore di graphic novel Marco Sciame ha cominciato a raccontare la vita di Gabriele d’Annunzio e di Vasco Rossi; ha creato iperboliche figure di paradossali “supersupereroi” (Human’s End); ha raccontato la storia della sua città, L’Aquila con un piglio epico e gigantesco tra scontri titanici e catastrofi terrificanti.

Storie potenti, insomma.

Apparentemente c’è scarso rapporto tra questo aspetto di Marco Sciame disegnatore e i dipinti di Marco Sciame pittore, specie quelli che, con notevole impegno e organicità, il maestro ha prodotto più o meno a partire dal conseguimento, nel 2015, del prestigioso Premio Biffi. Sono visioni di una quotidianità che si frantuma in una miriade di deformazioni visive, un mondo che sembra visto attraverso uno specchio rotto o un fluido caleidoscopico.

Uno dei quadri, e dei più belli, si chiama proprio Specchio infranto, del 2016 e un altro, sempre del 2016, L’unica realtà possibile.

E perché mai, verrebbe da chiedersi.

Un artista che ha un gran talento di narratore in figura con un segno fermo, circoscritto, nitidamente descrittivo, perché dipinge un mondo in pezzi?

C’è una specie di dialettica interna dentro di lui. Un altro quadro notevole si chiama Il mondo delle illusioni ed è in pratica la rappresentazione di un set cinematografico nel momento delle riprese. E, in effetti, sembra latente dietro questo tipo di pittura ad acrilico, la dimensione della performance, peraltro efficacemente praticata da Marco Sciame.

Rappresenta, insomma, uno spazio fisso in perenne metamorfosi.

Una aspirazione antica nelle arti figurative, oggi quanto mai sintomatica in questo inizio del secondo millennio che ha completamente espunto il criterio dell’ “avanguardia” con cui si aprì il Novecento, quasi fosse condizionato, e per tutti noi, dai cataclismi e dai flagelli che proprio a partire dall’anno 2000, sembrano ammonire gli artisti a prendersi molto sul serio, come Marco Sciame fa da sempre.

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